Ciao don Mimmo, dolce amico mio. Oggi fai festa con don Tonino



Innamorato di don Tonino Bello. Sì, caro don Mimmo, mio dolcissimo amico, sei stato follemente innamorato del “vescovo degli ultimi” che avevi conosciuto in gioventù quando, da giovane prete, ti aveva nominato rettore del seminario vescovile di Molfetta e poi ti aveva mandato, “su” a Roma, a espletare il servizio come assistente nazionale del Msac, gli studenti di Azione cattolica. E ce lo hai fatto conoscere don Tonino nel migliore dei modi. Ricordo le discussioni quando abbiamo scritto insieme per Rizzoli la sua biografia, "La messa non è finita. Il vangelo scomodo di don Tonino Bello", giusto tre anni fa. E tu sempre a dirmi, ogni giorno, che don Tonino era il vescovo di tutti, di tutto il popolo di Dio, e così dovevamo raccontarlo. E così abbiamo fatto. Fino alla bella notizia recente, quando tu, da vicepostulatore della causa di beatificazione di don Tonino, sei riuscito a concludere la fase diocesana del processo. Recentemente, poi, avevi dedicato un’ulteriore riflessione al profeta degli ultimi nel testo "Don Tonino Bello, una biografia dell’anima". E rimane agli atti la monumentale Opera omnia sugli scritti e i discorsi di don Tonino curata di tuo pugno.
Innamorato, se mi permetti, della Chiesa che consideravi madre e amica del mondo. Quel mondo che ogni tanto la criticava, la detestava, le porgeva domande imbarazzanti e tu sempre lì a spiegare, a dialogare, ad ascoltare dall’alto della tua preparazione teologica e del tuo immenso sapere.
Per me sei il volto pulito e bello di una “Chiesa del grembiule” che sa camminare con gli ultimi e gli indifesi. Hai saputo coniugare alla perfezione sobrietà di vita e ricerca teologica, per annunciare al mondo la “buona notizia”, avendo la giusta distanza dai pettegolezzi di curie e palazzi.
Eppure, nello stesso tempo, da buon ex parroco, sei stato uomo e prete del popolo di Dio, quello stesso popolo di Dio che incrociavi quotidianamente nei vicoli di Molfetta e che si rivolgeva a te non tanto come si deve a un’autorità, ma bensì a una persona alla quale le si riconosce rispetto e le si attribuisce il segno inconfondibile del sorriso di Dio.
E sempre con te i tuoi libri, lo studio, la Facoltà Teologica Pugliese, e, da ultimo, la direzione dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Bari, insieme all’essere vicario generale della diocesi in cui eri nato, Molfetta-Giovinazzo-Ruvo-Terlizzi, questo spicchio di terra pugliese e Mediterraneo levantino che ho visto consumarti corpo e anima. Amavi come pochi il mare, ma so che non disdegnavi ogni tanto di ritirarti tra gli ulivi della tua terra per ritemprarti dalle fatiche quotidiane. Che erano tante, lo sappiamo. Soprattutto da quando, lo scorso luglio, sei diventato amministratore diocesano in seguito alla morte improvvisa del tuo vescovo, Luigi Martella.
Non è un mistero il fatto che tu, don Mimmo, fossi uno dei candidati possibili a guidare una delle diocesi italiane. La tua competenza teologica e la tua disponibilità alla tenerezza e alla misericordia, oltre a una straordinaria preparazione dottrinale e una conoscenza non usuale del diritto canonico, erano riconosciute da tutti.
La Chiesa pugliese perde uno straordinario pastore, la teologia un raffinato suo interprete. Ma oggi, caro don Mimmo, ti immagino sorridente, seduto alla Taverna del Vecchio Isaia, mentre ti abbracci con don Tonino, davanti a un bel piatto di pesce e il vino bianco che mette allegria. Perché noi, appassionati di friselle e pizzica taranta del Regno, sappiamo che in quella tavola dell’amicizia la luce eterna accoglie la pace dei giusti.
E, alla nostra tristezza, che pure c’è e pare non voglia andarsene, rispondi, con il solito tono pacato di chi la sa lunga, che proprio adesso è l’ora di librarci in volo, con un’ala di riserva.
So che il tuo sorriso e la tua benedizione mi sono, ci sono vicini. Cercheremo di onorarli ogni giorno che passa, lungo le strade della vita.

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