Roma-Bologna, andata e ritorno. Chi è Matteo Zuppi
A metà tra papa Giovanni XXIII e Paolo
VI, tra quel sorriso sornione tipicamente romano di chi la sa lunga e i poveri
che ha sempre amato e abbracciato lungo il rione di Trastevere, Matteo Zuppi
entra all’improvviso nell’arcidiocesi di Bologna in un tempo di grandi
cambiamenti per la Chiesa italiana e bolognese.
Papa Francesco lo voleva a Roma, come suo
vicario, ma all’ultimo ha preferito la sede, altrettanto prestigiosa, di Bologna.
Ci voleva uno come il vescovo Zuppi, fino a oggi ausiliare per il settore
centro della diocesi di Roma. Esperienza, tatto, attitudine alla mediazione,
modi alla Francesco, e tanto amore e amicizia per chi sta peggio.
E poi c’è Bologna. Una situazione ecclesiale ed economica
difficile. I preti diocesani hanno scritto a Francesco. Ma il punto dolente è
la faccenda che fa da contorno alla nomina: e cioè la Faac, la
multinazionale dei cancelli elettrici di proprietà della curia di Bologna, che
ha chiuso la sede di Bergamo per dislocare in Bulgaria. Un’azienda florida,
almeno fin a un anno fa, dal punto di vista economico finanziario che la curia
aveva avuto in regalo come lascito ereditario da parte del suo fondatore. Ma
che può diventare un fardello insopportabile, se gestita male. Un’azienda che è
sotto l’occhio dei riflettori di politica e lobbies economiche. Non è un caso
che ultimamente il quotidiano di Bologna, Il
Resto del Carlino, se la prenda spesso con papa Francesco.
Insomma,
problemi. Che il nuovo arcivescovo, e presto cardinale, dovrà ricomporre e portare
a soluzione, magari con la vendita dell’azienda stessa, visto che papa Francesco
questa commissione tra denaro e curie varie non la sopporta per niente.
Nato a Roma nel 1955, Matteo Zuppi è nipote, da parte
materna, del cardinale Confalonieri, decano del Sacro Collegio al tempo del
Conclave che ha eletto papa Giovanni Paolo II. Con consuetudini familiari montiniane.
Enrico Zuppi, suo padre, è attivo nella Fuci di Giovanni Battista Montini e
Igino Righetti, per poi diventare uno dei segretari laici di Paolo VI.
Aderente e poi assistente ecclesiastico della Comunità di
Sant’Egidio, Zuppi non è stato solo il pastore dei poveri della città eterna. Con la Comunità di Sant’Egidio segue l’impegno nell’Africa
Australe e Sub-Sahariana. Dagli aiuti di emergenza, al sostegno alle Chiese in difficoltà con
regimi autoritari, dal lavoro per la liberazione di missionari presi come
ostaggio, alle prime mediazioni di pace, fino al ruolo di mediatore ufficiale
nella chiusura di conflitti civili sanguinosi, come la guerra in Mozambico e il
negoziato e la fine della guerra e del genocidio in Burundi, assieme a Nelson
Mandela.
Da vescovo del centro storico di Roma ha fatto benissimo.
Tutti ne parlano bene, perfino i parroci. Ha saputo dialogare con i tanti preti
in un settore delicato, come quello del centro storico di una città come Roma,
dove le parrocchie sono per lo più occasioni di turismo quotidiano che non
luoghi di ascolto e di preghiera.
Alto, fisico magro, intelligenza vivace e voce tendente a
uno slang romanesco che lo fa sembrare vicino, per modi e toni, ai grandi
cardinali oltretevere “romani” che hanno vissuto e servito la curia romana in particolare
durante i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI, Matteo Zuppi è l’arma segreta
di papa Francesco per rimettere a posto i conti
e le anime di Bologna.
Un percorso ecclesiale e personale che, sicuramente, non si fermerà
a Bologna.
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