I nuovi cardinali e la rivoluzione di Bergoglio

foto: VaticanNews

Qualche commentatore ha affermato che i cardinali appena nominati e scelti da papa Francesco nel Concistoro del 30 settembre siano la dimostrazione dell’orientamento dell’attuale pontefice verso una Chiesa delle periferie, sicuramente non “romano-centrica”. In effetti, l’annuncio del Vangelo, durante la storia plurimillenaria della Chiesa cattolica, ha sempre tenuto conto della “geopolitica della pastorale”. La Chiesa di Roma non è solo il “centro” del magistero spirituale del pontefice regnante, ma anche l’istituzione che esercita un dinamismo nel campo della diplomazia internazionale. Lo stesso Francesco, nell’atto di nomina dei cardinali, ha detto: «la loro provenienza esprime l’universalità della Chiesa, che continua ad annunciare l’amore misericordioso di Dio a tutti gli uomini della Terra. L’inserimento dei nuovi Cardinali nella Diocesi di Roma, inoltre, manifesta l’inscindibile legame tra la Sede di Pietro e le Chiese particolari diffuse nel mondo».

I 21 cardinali scelti, tra i quali spiccano il nome di tre ultraottantenni che non potranno partecipare a un futuro Conclave perché oltre i limiti di età, sono volti noti non tanto all’universo mediatico, proprio perché provenienti dagli angoli più lontani del Pianeta. Rappresentano una Chiesa di minoranza, esposta alle sofferenze di una fede che non è ben vista spesso da regimi dittatoriali e poco inclini alla democrazia. Ma sono anche il volto più bello di una Chiesa che resiste, “resiliente”, viva, coraggiosa, seppur minoritaria. Un Collegio cardinalizio, quello attuale, che si appresta a essere un crocevia di minoranze e lontananze, espressione di una Chiesa non tanto legata al potere, ma al servizio e alla compagnia spirituale del popolo di Dio.

 

I nuovi cardinali

Ma eccoli i nuovi cardinali “lettori”, sono 18. Il prefetto per i Vescovi, Robert Francis Prevost; il neo-prefetto per la Dottrina della Fede, Víctor Manuel Fernández, amico storico del papa argentino ed estensore dei discorsi-pronunciamenti più importanti di Bergoglio; il nunzio apostolico per l’Italia e San Marino, Emil Paul Tscherrig; il nunzio negli Stati Uniti, Christophe Pierre; l’arcivescovo di Città del Capo (Sudafrica), Stephen Brislin e di Cordoba (Argentina), Angel Sixto Rossi; l’arcivescovo di Bogotá (Colombia), Luis José Rueda Aparicio, di Lodz (Polonia), Grzegorz Rys e l’arcivescovo di Juba (Sud Sudan), Stephen Ameyu Martin Mulla; quello di Madrid, José Cobo Cano; l’arcivescovo coadiutore di Tabora (Tanzania), Protase Rugambwa; il vescovo di Penang (Malaysia), Sebastian Francis; il vescovo di Hong Kong, Stephen Chow e di Ajaccio, François-Xavier Bustillo; l’ausiliare di Lisbona, Americo Manuel Alves Aguiar (l’ausiliare, non il nuovo patriarca della città lusitana appena nominato dopo la conclusione della Gmg di Lisbona) e il rettore maggiore dei Salesiani, Angel Fernández Artime, un semplice sacerdote. Gli italiani sono due: il prefetto delle Chiese Orientali, Claudio Gugerotti e il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa. Tra gli ultraottantenni, l’ex segretario del dicastero dei Migranti, Agostino Marchetto, grande esperto del Concilio Vaticano II, l’arcivescovo emerito di Cumaná (Venezuela), Diego Rafael Padron Sanchez, e il padre cappuccino Luis Pascual Dri (96 anni), confessore nel Santuario di Nostra Signora di Pompei a Buenos Aires.

 

Lattuale composizione del Collegio cardinalizio

Tanti nomi e anche un bel ringiovanimento nel Collegio dei cardinali elettori, che però sono sempre un bel numero, 136, su un totale di 243 cardinali rispetto alla fatidica quota di 120 fissata da Paolo VI con la bolla Romano pontifici eligendo nel 1975 e confermata da Giovanni Paolo II. Va annotato però che entro il 2023 altri quattro cardinali diventeranno ottuagenari, mentre nel 2024 ci saranno ulteriori 13 uscite di cardinali elettori.

C’è da dire che l’attuale composizione del Collegio cardinalizio segue perfettamente quella che è l’attuale visione del Papa in fatto di annuncio del Vangelo. Un annuncio “in uscita”, meno curiale possibile, fuori dagli uffici, a contatto con le strade accidentate del mondo. Una Chiesa delle frontiere e una Chiesa di frontiera che cerca di essere compagna fedele di un’umanità fragile e spesso sofferente. 

I nuovi cardinali provengono da ogni continente. Dall’America (uno dagli Stati Uniti, tre dall’Argentina, uno dalla Colombia e dal Venezuela), dall’Europa (uno da Svizzera, Polonia e Portogallo; due da Francia e Spagna), ma soprattutto dall’Africa (Sudafrica, Tanzania e Sud Sudan) e Asia (Malaysia e Hong Kong-Cina).

 

La rivoluzione di Bergoglio

Durante il suo decennio da pontefice regnante, Bergoglio ha di fatto “rivoluzionato” il Collegio dei cardinali. Questo è il nono Concistoro del suo pontificato. Volti e nomi più giovani, legati al luogo in cui svolgono la loro missione. Da un lato la Chiesa che ha la sede apostolica in Roma, con i capi-cardinali Prefetti a dirigere la complessa macchina burocratica vaticana, e dall’altro la Chiesa che è nelle periferie. In questo senso, tanti annotano come l’attuale Collegio dei cardinali sia di stampo “bergogliano”, visto che la quasi totalità dei cardinali è stata nominata proprio da Francesco. Su 136 cardinali con diritto di voto in Conclave all’1 ottobre, 99 sono quelli creati da papa Francesco.


A questo dato empirico, va però aggiunto il fatto che ogni Conclave ha storia a sé. E che non basta una maggioranza qualificata per imprimere una svolta (in un senso o nell’altro) durante le votazioni. La storia dei Conclavi ci ha insegnato invece che lo Spirito davvero soffia dove vuole, anche e soprattutto dalle parti della Cappella Sistina.


La Chiesa “in uscita” di papa Bergoglio è senza dubbio uno stato d’animo, una scelta di fondo per stare da parte degli ultimi. Le carte bollate e i voti vengono dopo.


*pubblicato su L'Eco di San Gabriele, ottobre 2023

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