A tavola con Dio, in memoria di Pesakh
I candelabri dalle sette fiamme e gli altri lumi sono appena accesi. Per gli ebrei sono il segno del giorno di festa e insieme simbolo della luce che viene da Dio e che deve illuminare la loro vita. È la festa di Pasqua, Pesakh in ebraico, la memoria di quando il Signore Dio d’Israele liberò dalla schiavitù il suo popolo, aprendo per loro un passaggio attraverso le acque del mar Rosso. I preparativi per la cena vanno avanti dal pomeriggio. Le donne sono tutte in cucina. Intingono, assaggiano, odorano, cucinano, e soprattutto parlottano come non mai. Gli uomini sistemano la sala per la cena, preparano il tavolo, apparecchiano, stappano bottiglie di buon vino rosso. Il musico accorda una inaccordabile chitarra “da battaglia” trovata lì, nella Casa San Girolamo a Spello, perché è proprio da qui che inizia il racconto del seder di Pesakh . La musica è sempre l’ultima ruota di scorta nelle nostre tavolate postconciliari, chissà perché. Non ha dignità di alto rango, specie negli strum