Dopo Galantino, tocca a Bergoglio: la Chiesa italiana a una svolta?

Lo sparigliatore Nunzio Galantino non ha detto proprio tutto nella sua lectio degasperiana, e, d'altro canto, non lo poteva dire. Perché nella sua analisi lucidissima sul degrado morale dei partiti e della politica italiana, manca un tassello fondamentale, e cioè il ruolo che la Chiesa italiana ha avuto negli ultimi decenni nello scacchiere politico italiano. Un ruolo che, almeno dal pentapartito craxiano-forlaniano al ventennio berlusconiano, ha fatto a meno della profezia e si è posto a guida di quella "religione civile" che non ha voluto e, infine, non ha potuto non trattare con il potere temporale che singoli leggi e trattamenti di favore.
A conti fatti la scelta non è stata lungimirante. Per la politica e per la Chiesa stessa. Una scelta, va detto, voluta fortemente da chi aveva responsabilità ecclesiali in quel momento storico e che non ha toccato le migliaia di esperienze dal "sapore evangelico" che nel territorio italiano hanno continuato a vivere attraverso le Caritas, i tanti movimenti di volontariato, le associazioni, e i pochi, direi pochissimi, profeti e uomini religiosi che con il loro esempio, il loro studio e il loro pregare hanno testimoniato che il Vangelo può essere vissuto nella complessità del nostro tempo.
Alla politica italiana è mancata la spina dorsale di una risorsa etica che la Chiesa poteva dare. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Non solo il degrado morale ha preso il sopravvento. Per i politici cattolici, in particolare, si è persa la grande lezione degasperiana della divisione di poteri tra Stato e Chiesa che è stata l'architrave della nostra democrazia risorta dalla guerra e della nostra Costituzione, in cambio di un sostanziale atteggiamento di mercanteggiamento di posizioni e lasciti con i vescovi e la gerarchia.
Insomma, un disastro. Mons. Galantino mette in luce questo, senza dirla tutta. Il resto toccherá a Bergoglio. A questo punto il suo intervento al prossimo Convengo ecclesiale di Firenze previsto a novembre, è facile intuirlo, darà la linea alla Chiesa italiana.
Lo fece, nel lontano 1980, Giovanni Paolo II al Convegno ecclesiale di Loreto quando la sua relazione pose fine alla stagione montiniana, allora incarnata dal card. Martini, della "mediazione culturale" innestando il lungo processo della Chiesa-movimento che "conta" con la politica e le istituzioni.
Papa Francesco non credo voglia latino-americanizzare la Chiesa italiana, troppo lontana la sua Chiesa dal modello europeo. Ma certo ha dalla sua la tenerezza evangelica, la profezia che non ha paura dei poveri, anzi, li ama e li protegge, e una forma quasi fisica di distacco dal potere temporale.
Per la politica italiana e gli uffici curiali già è tanto, tantissimo. Firenze, per come è stata organizzata, oggi non ha più senso. C'è bisogno di una svolta. E questa la può dare solo Bergoglio.
Galantino ha solo aperto un po' la porta. Per far spazio al vento impetuoso dello Spirito.

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