Migranti: il pugno nello stomaco di papa Francesco
Le
parrocchie e i monasteri accolgano i migranti. Con queste semplici parole, e
nello stesso tempo dirompenti, papa Francesco ha voluto dare all’umanità
distratta un bel pugno nello stomaco. In particolare alla felice comunità
cattolica. Che, solitamente, nel mese di settembre, è ben affaccendata in
dinamiche ecclesiali sul come “ripartire” in parrocchia dopo le vacanze estive,
tutti presi dalle catechesi, dai sacramenti, dalle attività dell’oratorio, dai
consigli pastorali.
Un
bel pugno nello stomaco, evangelicamente parlando. Con due frasi messe lì, dopo
l’Angelus, Francesco ha
de-clericalizzato la pastorale e la teologia della tranquilla comunità
cattolica europea (e italiana) e de-istituzionalizzato le Beatitudini di Matteo.
Restituendo alle coscienze invaghite di pastorale e di “parrocchia-solo
parrocchia” Vangelo e sapore di profezia. E ha fatto sì che la storia, quella
che viviamo ogni giorno, si aprisse di nuovo al soffio dello Spirito.
La scrittura
sacra, stavolta, per mano di Francesco, si accorge dell’uomo e della donna
indifesi. E ci dice, senza troppi fronzoli, che è il caso di lasciare a casa i
“soliti” problemi di inizio anno parrocchiale (liturgia, carità, catechesi) e
guardare più da vicino all’annuncio della “buona notizia” che non inganna mai.
Sì,
papa Francesco lancia un monito al mondo intero. La solidarietà fa parte del
nostro dna di popoli civilizzati e
cristiani. Ma oggi entra dentro i nostri schemi ecclesiali – per chi ha il dono
della fede – con una forza che non eravamo abituati a vedere. Li rompe, li
sgretola, perfino li ridicolizza.
Le
liturgie (ecclesiali e laiche) di questo inizio anno ecclesiale e anche, tra
breve, giubilare, vengono lustrate a nuove e si arricchiscono del vocabolo “misericordia”.
Il Vangelo, ancora una volta, passa per le vie impervie della strada e del
mondo.
Per
la parrocchia, c’è sempre tempo.
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