Le primarie nella diocesi di Roma. Così inizia la rivoluzione

Articolo pubblicato il 13 marzo su Vino Nuovo

Nei giorni scorsi Francesco ha piazzato due colpi che fanno ben sperare per il proseguo dell'opera di riforma e di conversione che la Chiesa sta attuando sotto il suo pontificato. Tra codicilli e burocrazie, tra dubia e lentezze di curia, tra vescovi e cardinali che remano contro e altri che non prendono posizione aspettando che succeda chi sa che cosa, Francesco tira avanti per la sua strada accentuando il tema della conversione dei cuori e della corresponsabilità laicale (tema spinosissimo, benché conciliare...) con la gerarchia.

Nei giorni scorsi, in un'intervista al settimanale tedesco Die Zeit, il papa ha accennato al fatto che i viri probati (uomini maturi viventi nel matrimonio) possano essere una risposta, pastorale ed ecclesiale, alla crisi delle vocazioni sacerdotali che è una delle piaghe che affliggono di più la Chiesa nel mondo. Il tema è ben presente tra i conciliaboli di curia, e in alcune zone del pianeta, dove è impossibile far coesistere preti e comunità: in tanti casi le liturgie sono già presiedute da laici. Però qui è importante perché ne parla il papa. Per la prima volta Francesco mette il dito sulla piaga primordiale di un sacro che non affascina più nel suo servizio più alto, e cioè il sacerdozio, e inizia, lui per primo, una riflessione. Riflessione che evidentemente, collegio cardinalizio e conferenze episcopali, dovranno in qualche modo portare avanti.

La riforma della Chiesa si fa insieme, dice Francesco. Pietro, da solo, non può cambiarla.

La seconda novità, invece, di una certa rilevanza anche questa, riguarda la sua diocesi. La decisione del vescovo di Roma, Francesco, di chiedere ai fedeli laici la possibilità che essi si esprimano sui problemi della diocesi e di indicare il nome del futuro vicario, apre una prateria immensa nella teologia e nella pratica pastorale. A sorpresa, ancora una volta, il vescovo di Roma indica la strada della sinodalità e dell'ascolto come nuova pratica di annuncio del Vangelo. 
Il fatto è di portata storica perché guarda con occhio benevolo alle tante sfide, peraltro disattese, che il Concilio Vaticano II aveva immesso nel popolo di Dio, e introduce una pratica pastorale comunitaria in una città come Roma, storicamente papalina, volutamente papalina, persino orgogliosamente papalina.
Il parroco, a Roma (non tutti per fortuna...), è un re, un piccolo pontefice in miniatura, capace di "vita e di morte" sull'intera comunità dei fedeli, una sorta di principe del sacro che impartisce benedizioni, regala investiture pastorali, celebra i sacramenti e soprattutto si rende partecipe di un do ut des con i laici in un modo (facciamo scandalo se lo diciamo....?), non molto profetico. 

La decisione di Francesco va proprio a disinnescare queste abitudini e privilegi secolari. È giunto il momento che comunità, fedeli, chiese e tutto il popolo di Dio accolgano questa sfida con passione e speranza. Alcuni laici, qualche volta, hanno il privilegio di essere chiamati a redigere schede sub secreto pontificio, su busta sigillata e consegnata al nunzio del proprio Paese, esprimendo giudizi sulle candidature migliori al servizio episcopale. Ma in generale. Qui, vescovo Francesco, va oltre. Perché chiede, ai laici, soprattutto ai laici, di argomentare sulle esigenze e le problematiche della sua diocesi e poi di esprimere, in via del tutto riservata e anche qui con doppia carta bollata ma spedita direttamente al papa, un nome per la guida della diocesi stessa. Una vera e propria rivoluzione. Una sorta di primarie del vicario, che non potrà non avere ricadute positive sul rapporto gerarchia-laici, asfitticamente rimasto indietro rispetto alle aperture conciliari. Se il concetto passa, significa che presto anche altre diocesi potranno fare altrettanto, e che - udite udite - ciò potrebbe essere replicato perfino nella scelta dei parroci.

Insomma, mentre in curia fanno i capricci con le riforme, Francesco ci crede e le attua. Si dice che nella diocesi di Roma i preti, in gran parte, non abbiano preso bene la notizia della consultazione popolare. Il rischio è, come è successo per il famoso questionario sul Sinodo sulla famiglia, che anche questo concorso di popolo venga un po' annacquato.

Però la strada della corresponsabilità laicale va avanti. Ed è in mano ai laici, con l'aiuto dello Spirito. Come? Spedire i desiderata in massa alla segreteria di Francesco. Facendogli capire quanto bene c'è nei confronti della diocesi di Roma. E quanto bene vogliamo a lui, inarrivabile seminatore di buona speranza.

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