Exodus... il diario di un tempo che fu


In un momento in cui è un po’ difficile estrapolare qualche notizia interessante dal lavori del Sinodo (attendiamo a ore la Lettera al Popolo di Dio), mi giungono in regalo da un caro amico alcuni opuscoli del gruppo dell’Azione cattolica di Palombaro (di cui la mia famiglia è originaria), datati 1974. Giornalini che erano, di fatto, il foglio di comunicazione parrocchiale.

 

Palombaro è un bellissimo borgo di montagna in provincia di Chieti, posto a 530 metri sul livello del mare. Alle sue spalle ha la Maiella, la montagna madre, e davanti a sé lo spettacolo delle valli circostanti e, in lontananza, del mare Adriatico. Come tutti i borghi di montagna appenninici ha sofferto molto negli ultimi anni dello spopolamento, in particolare dei giovani. Chi per studiare, chi per lavoro, hanno scelto di vivere la città e ormai (purtroppo) in questi posti baciati dalla natura e anche dalla cultura, non ci investe più nessuno.

 

Ma che c’entra col Sinodo sulla sinodalità che si sta svolgendo in Vaticano? Ebbene, c’entra eccome. Perché a leggere i titoli e gli articoli di Exodus (già il titolo mi piace molto…) scopro non solo una comunità civile ed ecclesiale che almeno nel 1974 era molto viva, ma soprattutto un coraggio nell’esprimere le proprie idee che oggi non ne vedo molto in giro.

 

Tra i titoli di Exodus leggo di Carlo Carretto, Helder Câmara, i cristiani per i socialismo, il Cile, l’impegno per i poveri, una pagina sul Sinodo, la teologia della liberazione, ma anche sul referendum per il divorzio del 1974 (il prete, un certo don Mario Persoglio, doveva essere un bel furbacchione: molto ligio con i sacri doveri, famiglia, Dio e patria, ma anche molto in là nell’impegno sociale e culturale).

 

Alla lettura di Exodus sono davvero sobbalzato, e qui c’entra il Sinodo. Non solo perché ho riconosciuto la firma di alcuni “giovani” di allora (che ovviamente ora hanno qualche annetto più di me), ma perché ho sentito forte la distanza da un linguaggio e una cultura biblico-ecclesiale che noi oggi ce la sogniamo.

Un linguaggio pieno di speranza e di apertura al mondo e nella Chiesa. Che forse oggi abbiamo finito di inseguire. Tutti presi da un politically correct ecclesiale che, alla fine, ha fatto più danni che benefici anche e soprattutto all’interno della Chiesa. In un opuscolo c'è addirittura una sintesi di un Consiglio Pastorale con ordine del giorno votato dai laici presenti...avanti anni luce ...

 

Sono convinto che se altri mille e mille Exodus fossero, oggi, ancora una volta, pensati, scritti, discussi, con la libertà di uomini e donne che sanno immaginare buon futuro, magari anche con le nuove forme di comunicazione e dei social, nelle nostre parrocchie forse la crisi del sacro non sarebbe così accentuata e nel Paese avremmo tutti un briciolo in più di cultura democratica. 


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