Sinodo. La chiamata alle armi


La conta impazza nell’aula del Sinodo, malgrado papa Francesco abbia ripetuto con forza che «non siamo in un’aula del Parlamento». Una conta “democratica” che la storia della Chiesa cattolica fino ad adesso ha permesso compiutamente solo nella Cappella Sistina durante lo svolgimento del Conclave. Per il resto, dalle conferenze episcopali ai documenti pastorali fino al Concilio stesso, i “desiderata” si sono dovuti scontrare, e tuttora si scontrano, con meccanismi e burocrazie curiali non proprio inclini a procedure democratiche.
Ecco perché la voglia di “voto” e di trasparenza democratica richiesta da alcuni cardinali in questi giorni al Sinodo e trasmessa al papa attraverso un appello, benché legittima, assume i contorni della conta finale, specie se si vanno a vedere i nomi dei firmatari e le loro storie personali, particolarmente prone ai voleri del papa regnante (specie se riferite ai precedenti pontefici).
Ha iniziato lo scorso 4 ottobre il card. Ruini sul Corsera. Un’intervista molto dura nei confronti delle possibili aperture ai divorziati risposati e all’accoglienza degli omosessuali, e insolitamente poco elegante nei confronti del papa stesso. Un Ruini battagliero, l’uomo del “no”, così come lo è stato nei suoi lunghi anni alla guida della Chiesa italiana e accanto a Wojtyla. Parecchi si sono domandati come mai il cardinale ultra ottantenne, ormai fuori dai giri che contano, e cioè Congregazioni e voto utile per il prossimo Conclave, abbia usato toni così netti e duri. La risposta è arrivata subito. Basta scorgere l’elenco dei firmatari dell’appello al papa affinché il Sinodo si svolga nel segno della trasparenza, e che ha avuto nei giorno scorsi, da parte del papa stesso, una risposta altrettanto leale nell’evitare  «l’ermeneutica cospirativa».
I firmatari dell’appello, i cardinali Caffarra, Collins, Dolan, Eijk, Erdö, Müller, Fox Napier, Pell, Piacenza, Sarah, Scola (è arrivata la smentita per l'arcivescovo di Milano), Urosa Savino e Vingt-Trois (anche lui in odore di smentita), rappresentativi, non è un caso, di tutti i continenti, dicono, in realtà, che il fronte conservatore-tradizionalista sembrerebbe vivo e vegeto e lotta con ostinazione. Un fronte compatto di una decina di generali che cercano di rinvigorire le sparute truppe in battaglia. Che, poco prima del Sinodo, ha fatto uscire un altro libretto, Matrimonio e famiglia. Prospettive pastorali di undici cardinali (Cantagalli), dove gli undici sono quasi gli stessi dell’appello, più ovviamente i non presenti al Sinodo (Caffarra, Cleemis, Cordes, Duka, Eijk, Meisner, Onaiyekan, Rouco Varela, Ruini, Sarah e Urosa Savino).
Chiara ormai la mossa. Dopo i primi mesi del pontificato di papa Francesco, dove il fronte conservatore è stato un po’ dietro le quinte a vedere cosa succedesse, ora ha deciso di giocare all’attacco scendendo direttamente in campo, capendo che il fattore “tempo” diventa sempre più importante.
Infatti, se andiamo a guardare l’età dei cardinali in questione, si scopre che parecchi hanno un’anzianità di “servizio” importante. Rimanendo ai firmatari dell’appello, il card Caffarra è del 1938, e subito dopo il Sinodo verrà sostituito (avendo compiuto già i 75 anni) alla guida dell’arcidiocesi di Bologna dal vescovo ausiliare di Roma Matteo Zuppi, e fra tre anni non potrà partecipare più al Conclave. Il regolatore delle finanze vaticane Pell, del 1941, dello stesso anno di Scola e di Fox Napier, il prossimo anno compirà i fatidici 75 e la decadenza dagli incarichi è, secondo le nuove norme volute da Francesco, automatica. Urosa Savino e Vingt-Trois sono del 1942, hanno ancora un paio d’anni di servizio prima di andare in pensione. Mentre Piacenza è del 1944, Sarah del 1945, e l’attuale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Müller, è del 1947, così come Collins. Giovani rimangono, anche pensando a un futuro Conclave, i cardinali Dolan (1950), Eijk (1953), ed Erdö (1952).
Al di là delle schermaglie procedurali, è ovvio che all’interno del Sinodo si sta consumando una battaglia ben più seria di alcune risposte di pastorale familiare, che, in ogni caso, avranno comunque il loro peso.
La battaglia in corso è sul come sarà la Chiesa prossima futura. Tutto ora è in mano a papa Francesco.

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