Le sfide che attendono la Chiesa italiana

Articolo pubblicato su VinoNuovo il 24 maggio 2017

Con la votazione della terna di nomi, poi presentata a papa Francesco, per il ruolo di presidente della Cei, la Chiesa italiana è entrata definitivamente nell'era Bergoglio. Al di là, infatti, dell'inevitabile interesse da parte dei media sui nomi proposti (va detto che è anche la prima volta che la Chiesa italiana adotta una procedura democratica nell'elezione del suo presidente), quello che appare invece più importante sono le sfide con le quali i vescovi italiani dovranno convivere nel prossimo quinquennio e alle quali dovranno dare risposte coraggiose.

La Chiesa di Francesco abbraccia le periferie esistenziali, tende la mano a lontani e "diversi", cura le ferite di un'umanità sempre più fragile e sola. In un'Italia che attraversa una crisi economica senza precedenti e un vuoto di prospettive etiche e politiche, il paradigma bergogliano viene a mettersi di traverso come un ponte dove costruire dighe e alleanze. Alleanze di volti e di mani, di abbracci, di gente in movimento, di associazioni. Alleanze solidali. Un dialogo ferrato tra sacro e vita, tra cielo e terra, dove lo spirituale sorregge e diventa amico di un impegno laicale forte, coraggioso, pieno di futuro possibile, e dove la parola bene comune abbia ancora senso ed efficacia pratica.

La Chiesa del nostro Paese, storicamente, ha rappresentato, ancora oggi rappresenta, quel welfare state che la politica non ha saputo (o voluto) far funzionare. Corpo intermedio tra strategie sociali e disegni di legge, tra conti che non tornano e povertà sempre più diffusa. Il punto è che oggi questa presenza, spesso anche silenziosa e nascosta alle telecamere e agli smartphone, sente il bisogno di un nuovo slancio, di una nuova visione di futuro.

Francesco chiede alla Chiesa italiana di ricostruire tra il popolo quel mosaico di relazioni etiche e civiche che, in tempi non tanto lontani, hanno fatto la storia di questo Paese. Chiede un surplus di umanità, più che un surplus economico. E chiede ai laici di essere protagonisti, non solo sudditi di un clericalismo duro a morire.

Più Lampedusa e meno valori non negoziabili. Più lavoro e meno convegni sul lavoro. Più quartiere e meno parrocchia. Più solidarietà, meno bla bla. Più Maria della porta accanto, meno Madonne che fanno i postini. Più ospedale da campo, meno baby sitter. In questo quadro di sviluppo di orizzonti futuri, ogni discussione pastorale-teologica sui famosi dubia espressi da quattro cardinali oppure ogni distinguo sull'Amoris Laetitia e l'Evangelii Gaudium non hanno più senso, perché fuori da una realtà, umana ed ecclesiale, che cerca altro, che chiede altro. 

È tutta qui la rivoluzione di Francesco che la Chiesa italiana dovrà fare sua. È la strada di un annuncio del Vangelo che non si ferma sui libri sacri e prende parte a pieni polmoni al respiro del vento dello Spirito che attraversa le strade, gli incroci, i margini. Una Chiesa "solo" sociale, dunque? Niente affatto. Nei due discorsi recenti che Francesco ha rivolto all'Azione cattolica italiana, egli parla senza mezzi termini di un ritorno alla "vera" politica. Una politica che parta dalle periferie, dai movimenti e dalle associazioni, persino dalle parrocchie, per arrivare al centro e all'interesse del bene nazionale. La Chiesa di Francesco è pronta a benedire queste prospettive di nuovo impegno, vuole farle sue.

Per la Chiesa italiana, oltre a sintonizzarsi caratterialmente e culturalmente con l'irruenza benefica latinoamericana di Bergoglio, sarà il tempo di occuparsi inoltre di problemi non indifferenti da risolvere in un futuro ormai non tanto lontano. La questione dell'età avanzata dei preti, ad esempio: oggi la media è 65 anni per il nostro paese, ma tra cinque anni? L'anzianità del clero è una questione seria e mette in movimento idee coraggiose sul ruolo dei laici rispetto alla corresponsabilità della liturgia, sul ruolo delle donne, sul percorso di formazione che i seminari dovranno necessariamente rivedere. E poi, ancora, la situazione economica di molte diocesi non proprio rosea, e la "cura dimagrante" in termine di burocrazia, potere temporale, che andrà prima o poi a toccare altrettante diocesi, troppe (almeno nel nostro Paese), e a volte piccole in estensione territoriale.

Nella Chiesa di Francesco la Chiesa dei funzionari fa posto alla Chiesa della vita.

In questo tempo difficile, la Chiesa italiana avrà l'opportunità di essere amica di un Paese in cerca di speranza. Non il reclamo di un potere fine a se stesso, ma il volano del cambiamento.

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