E' ora che Francesco acceleri

su  Globalist del 7 agosto 2018

Finalmente gli oppositori di papa Francesco possono sperare in un sospiro di sollievo. Ieri, sul quotidiano La Repubblica, Ilvo Diamanti ha pubblicato un sondaggio secondo il quale, udite udite, il papa regnante pare sia in calo di popolarità. Appena eletto, dal 13 marzo 2013 in poi, dicono i numeri, Francesco aveva l’88 per cento di popolarità. Oggi è sceso al 71 per cento.

Per chi si occupa di numeri e di realpolitik ciò è normale. Nel caos di una Chiesa in burrasca dovuto allo scandalo Vatileaks che aveva portato alle dimissioni di Benedetto XVI – anche se le ragioni ufficiali risiedevano negli acciacchi fisici dovuti all’età di Ratzinger – Francesco era arrivato al comando della Chiesa universale in un momento di transizione, per i più benevoli, di crisi, per i critici. Crisi di testimonianza profetica. Di lieto annuncio.

Già il nome, Francesco. E poi la residenza a Santa Marta, fuori dal Palazzo Apostolico. E poi ancora quel familiare “pregate per me”. E ancora: “meglio una Chiesa incidentata piuttosto che chiusa”. Parole che raggiungono i giovani, innanzitutto, ma anche chi non è credente, i lontani. Il primo viaggio apostolico a Lampedusa, terra di sbarco di migranti. La Chiesa povera per i poveri: “io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti”.

Insomma, un papa Francesco che è entrato subito in empatia con un popolo di fedeli e agnostici che forse non si aspettavano un “papa” così diretto, appassionato, sorridente, perfettamente in questo latinoamericano. Un papa amico del popolo di Dio.
E allora, al di là dei numeri sempre un po’ ballerini, cosa è successo nel frattempo? E i giovani, quelli entusiasti di Francesco, che comunque sono sempre per più della metà degli intervistati incuriositi da Jorge Mario Bergoglio e che solo un terzo invece sembra appassionarsi alla Chiesa? E’ successo qualcosa in questi anni?

Al di là di un fisiologico riposizionarsi della spinta propulsiva di papa Francesco nell’annunciare il Vangelo in un mondo che cambia, quello che abbiamo avanti è l’eclissi del sacro. La Chiesa fa fatica – e Francesco fa un po’ meno fatica – ad appassionare giovani e adulti perché è il sacro che sembra abbia abbandonato l’Occidente e un’Europa stanca delle sue radici. Un sacro che qualcuno ora, sovranisti, destre al potere, tradizionalisti di ogni dove, leghe e legacci vari, vorrebbe ancora sbraitare al vento come una spada che difende e colpisce. Una fede che identifica sé stessa come l’ancora di salvataggio dei tempi bui che viviamo. E pronta a colpire chi non è d’accordo. Non solo in politica. Non solo in qualche intellettuale da salotto. Anche dentro la Chiesa stessa gli oppositori di Francesco sono numerosi e ora si fanno sempre più sentire. Sono quelli che non vogliono la riforma della curia, per esempio. Quelli che guai a toccare l’Humanae Vitae del grande Paolo VI (che ovviamente prima denigravano). Quelli che il catechismo non si tocca, soprattutto se Francesco modifica la norma antievangelica sulla pena di morte. Sono soprattutto quei pezzi di curia e di classe dirigente della Chiesa che non hanno visto di buon occhio l’Amoris Laetitia, che hanno derubricato a “semplice esortazione” un capolavoro di vangelo della strada come l’Evangelii Gaudium. Insomma, tutti quelli che il fare diretto del papa regnante in fatto di nomine vescovili e cardinalizie non lo mandano giù. Quelli che perdono potere o che intravedono da lontano l’ombra della fine della carriera personale.

In una crisi valoriale che sta minando alle fondamenta l’idea stessa di Europa, l’eclissi del sacro e della liturgia, cioè il modo in cui il sacro e l’idea di Dio si manifesta, sono i veri problemi in campo. Oltre, ovviamente, alla crisi delle vocazioni e a un cristianesimo che sta diventando sempre più minoritario a livello geopolitico.

Questi numeri per ora sono una manna dal cielo per l’opposizione al papa regnante. Hanno qualche appiglio per una battaglia più dura. Oggi, adesso. Certamente al prossimo conclave.
Ecco perché ci sono tutte le ragioni affinché la rivoluzione di Bergoglio acceleri. La rotta è tracciata, ma i passi da fare sono ancora tanti. Dopo l’ospedale da campo, sarà il caso che cominci il reclutamento delle truppe.


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