La Chiesa italiana dopo Firenze (3). Le parrocchie invisibili
Articolo
pubblicato su VinoNuovo del 21 novembre
Una Chiesa inquieta e accidentata. Papa Francesco si
rivolge ai sognatori di buona speranza più che ai sagrestani tuttofare, apre le
porte al soffio dello spirito che innova le strutture e sa costruire ponti di
amicizia e corresponsabilità, dà residenza ai cammini esodali di coloro che
hanno sperimentato solitudine ecclesiale. Invita, infine, la comunità dei
credenti a innovare con libertà. «Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre
più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una
Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate
anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà».
Uno dei punti centrali dei "consigli" di papa
Francesco a Firenze si racchiudono in queste semplici parole. Più che il
"fare", vale l'"essere". Inquieta, accidentata, umile,
"leggera" nelle sue strutture: Francesco chiede aiuto ai laici per
riformare la Chiesa. Siete voi, dice, gli attori di questa trasformazione
dell'istituzione-Chiesa in una barca che «si lasci portare dal suo soffio
potente e per questo, a volte, inquietante. Assuma sempre lo spirito dei suoi
grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in
mare aperto e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste. Sia una Chiesa
libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere
qualcosa».
Evidente lo smarrimento dei relatori principali, al
momento di dover leggere il proprio contributo. Difficile competere con la
nuova beatitudine e la leggerezza di papa Francesco.
L'"inquietudine" ha percorso trasversalmente
(e abbastanza silenziosamente) le stanze della Fortezza da Basso di Firenze,
dove i delegati si riunivano e ascoltavano ottime relazioni. Perché alla fine,
il punto centrale, è capire se, in questo gioco di ricomposizione dei contenuti
dell'annuncio e del "modo" in cui questo annuncio viene proposto, il
laicato italiano si propone alla gerarchia con un nuovo patto centralistico, di
mediazione, oppure si rimette in gioco con se stesso, ripensando le sue
inquietudini spirituali come paradigma di nuovo umanesimo.
Oggi, in campo ecclesiale, in particolare le parrocchie,
si dà molta importanza alla voce del verbo "fare". Mentre, al
contrario, un tracciato di allegria dell'annuncio passa sul tornante, a volte più
tortuoso, del verbo "essere", e cioè sullo stile della comunità
cristiana.
Ce lo ricorda ogni giorno papa Francesco: siamo una
comunità cristiana o una Ong? Siamo un centro sociale o un tempio dove si loda
il Signore? Siamo un centro di baby sitter o un luogo dove incontriamo la
misericordia e la tenerezza di Dio?
Ritorniamo, allora, al punto di partenza: contarsi, per
i laici, significa contare? Oppure siamo abitati da questa leggerezza che
libera lo spirito e allontana dal potere? Ci sentiamo di diventare, ogni tanto,
degli "invisibili" della struttura-chiesa, del tempio-chiesa, del
servizio pastorale? Invisibili fuori per tornare a essere visibili dentro le coscienze, baluardo
invalicabile dove fede e vita ogni tanto trovano conforto.
La rivoluzione "pastorale" di cui parla
Francesco - che mette un po' di paura a molti operatori pastorali che vedono
improvvisamente cambiare il loro "mondo parrocchiale" di riferimento,
fatto di consuetudini pastorali, amicizie consolidate, abitudini, tranquillità
spirituali - è prima una rivoluzione dell'essereche tocca la nostra vita, poi è una
proposta di cambiamento all'interno delle nostre pastorali rigidi e
catechetiche. Pastorali parrocchiali vissute per troppi anni all'interno di
mura fin troppo alte dove i confini erano, e sono tutt'ora, l'appartenenza al
territorio, le catechesi sacramentali, e quel modo di pensare l'iniziazione
cristiana inossidabile nella sua imperturbabile eternità.
Più ci si affanna all'organizzazione dell'oratorio, più
si spremono energie per il torneo di calcetto e il mercatino di ogni cosa, più
si perde in leggerezza. E quindi in libertà.
Le nostre comunità parrocchiali si consumano ogni giorno
dietro liturgie che non sono vita, i consigli pastorali diventano sempre più
organismi burocratici privi di confronto, i sacramenti "cose" che si
devono fare, le catechesi ornamento di regole e storielle imparate a memoria. E
il fascino del grande mistero della fede cristiana? E la bellezza del canto
antico, dei salmi, della liturgia delle ore, le letture dei padri della Chiesa
che fine hanno fatto?
Penso che la parrocchia non potrà che essere il luogo
eletto dove lasciare spazio al tempo dello Spirito e al tempo della Solidarietà. Una parrocchia invisibile, leggera,
lontana mille miglia da quella che era ed è oggi. Una parrocchia che abbracci
il cammino dell'uscire fuori dal tempio.
Finito il tempo della parrocchia aggregazione e
intrattenimento. Le relazioni amicali e affettive, all'interno della comunità,
chiedono profondità. La formazione delle coscienze esige qualità. I giovani
cercano altro, l'infinito, più che il "finito". Lo chiarisce bene
Goffredo Boselli, monaco di Bose e liturgista, durante il suo contributo alla
via "Trasfigurazione": «Di fronte a un certo attivismo pastorale è
emersa l'esigenza, soprattutto da parte del tavolo dei giovani, di proporre
cammini di fede che comprendano esperienze significative di preghiera, di
formazione liturgica e di accompagnamento spirituale. C'è domanda di
interiorità, ma che ancora non trova risposte soddisfacenti nelle scelte di
educazione alla fede dei giovani nelle nostre Chiese locali. Mentre le
parrocchie sembrano riservare più attenzione all'aggregazione e all'animazione,
la domanda di interiorità sembra maggiormente soddisfatta all'interno delle
associazioni e dei movimenti ecclesiali».
La riforma della parrocchia, possibile e auspicabile, è
un cambiamento che non pensa alle sue strutture e alle sue rigide burocrazie,
ma è una risorsa di libertà ecclesiale e di vicinanza all'"altro".
Dove, al concetto di territorialità, almeno come lo abbiamo conosciuto in tutti
questi anni, si contrapponga il suo opposto.
La parrocchia è a-territoriale: è il "luogo", ma anche il
"non-luogo", è la casa ma anche la via. È la tenda per i lontani, il
tempio per i vicini.
Una invisibilità e una leggerezza che renderanno
forte l'annuncio e la credibilità dei discepoli di Gesù.
La profezia
evangelica passa da qui. Da cristiani, fuori dalle mura del tempio.
"il tempo del cristianesimo europeo è già passato.In europa vive solo il 25 % dei cattolici, tutti gli altri vivono nel Terzo MOndo.I Oggi il cristianesimo è una religione del Terzo Mondo. In queste regioni ci sono chiese che hanno affondato profonde radici nelle culture dei popoli. Hanno generato modi appropriati per celebrare la cultura locale. Sono state elaborate teologie nate e giustificate da queste pratiche La mia impressione è che il papa Francisco ha aperto una nuova genealogia di papi che vengono da dove il cristianesimo è vivo e ha qualcosa da dire all'umanità. Questo è il futuro
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